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Asta CATAWIKI Tex e Zagor
Ken Parker (2)
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Autore Messaggio
Angelo1961
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Registrato: 02/03/12 13:21
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MessaggioInviato: Lun Gen 02, 2023 12:27 pm    Oggetto: Rispondi citando

E' l'episodio che cita "Mister Smith va a Washington" di Frank Capra con James Stuart, quando di fronte al parlamento dice "Se voi rappresentate l'America, mi vergogno di essere americano".
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DAL GIUGNO 1970 ININTERROTTAMENTE LETTORE DI ZAGOR!
Incubi e' una storia per zagoriani radical chic (Wakopa)
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Gunny Bill
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MessaggioInviato: Lun Gen 02, 2023 2:00 pm    Oggetto: Rispondi citando

stimeex ha scritto:
Gunny Bill ha scritto:
Ho ricominciato dall'inizio da un paio di giorni, sempre una grande e coinvolgente lettura Applause Applause Appena completato "Omicidio a Washington" che per me è il primo capolavoro assoluto (di tanti), di una modernità e una perfezione davvero rare. Non c'è una virgola fuori posto, tutto fila nella sceneggiatura e nei dialoghi come meglio non potrebbe e Milazzo esce fuori alla grande.

Non è l'episodio in cui parla al Congresso degli Stati Uniti? Think Think Think


Esatto, grande suspense con la ricerca dell'assassino Applause
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Angelo1961
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MessaggioInviato: Mar Gen 03, 2023 9:37 am    Oggetto: Rispondi citando

Con una grande "licenza" storica...
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Magico Vento
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Registrato: 07/04/21 20:14
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MessaggioInviato: Mer Apr 23, 2025 9:59 pm    Oggetto: Rispondi citando


di Berardi / Milazzo (1)

È il giugno del 1977 quando arriva in edicola Lungo Fucile, il primo numero di una delle saghe destinate a diventare tra le più amate fra gli appassionati di fumetti italiani: Ken Parker, creata dal fortunato team artistico Berardi-Milazzo e fortemente voluta da Sergio Bonelli, che di sicuro ci aveva visto lungo.
Questa fu la presentazione che introduceva il personaggio:


L'aspetto forse più rivoluzionario di questo primo numero non riguarda paradossalmente né la sceneggiatura né i disegni, ma bensì un aspetto che è spesso trascurato e che invece è essenziale: la copertina. Come ha sottolineato l'esperto Luca Raffaelli, la copertina acquerellata di Milazzo rappresenta una novità assoluta nel panorama fumettistico italiano: è ariosa, quieta, l'atmosfera è distesa, Ken è statico, immerso nella natura. Mentre nelle copertine delle altre testate l'eroe è solitamente rappresentato in difficoltà, nel bel mezzo di una scena d'azione o di pericolo, Ken non sta facendo nulla e in questa cover di un qualche pericolo non si scorge neanche l'ombra.

Per quanto riguarda la storia sceneggiata dal giovane Berardi, ha, come tutti i numeri 1, un sapore particolare ed è difficile da dimenticare, e in questo caso a maggior ragione dato che la serie parte subito in modo eccezionale, con una storia potente, cruda, realistica, che nel finale risulta essere un vero pugno nello stomaco.
La vicenda inizia con uno dei motivi narrativamente più tradizionali e diffusi: la morte per omicidio di una persona molto vicina al protagonista, ai cui assassini egli giura vendetta, mettendo così in modo l’azione (eventi simili ricorrono anche nei passati di Tex e Zagor, giusto per fare due esempi non da poco): qui si tratta del fratello minore di Ken, Bill (peraltro, secondo un altro topos del western, che poi verrà sfruttato nel finale per scoprire il colpevole, scalpato per dare la colpa agli indiani). Ma, prima ancora di questa scena, Berardi è bravo, nella sequenza dalla capanna di Puncho, a rivelare, attraverso qualche battuta e qualche azione, alcuni aspetti del protagonista, in particolare il suo attaccamento per quell'arma che dà il titolo all'albo: "Caccio animali, non uomini", dice Ken, non sapendo ancora che da lì a poco dovrà invece dare la caccia ad animali su due gambe, "Un colpo preciso, a volte, vale più di una mitragliata!", e subito dopo lo dimostra nella gara di tiro.


Nonostante nelle ristampe successive edite da Mondadori le tavole siano state ripulite da didascalie e pensieri, nell'albo originale, come in tutti i fumetti dall'epoca, questi erano molto diffusi. Tuttavia, e qui si intravede già la notevole potenzialità dello sceneggiatore, l'impostazione appare già abbastanza cinematografica, come si nota in certi dialoghi (ma obiettivamente non in tutti, si pensi a certe espressioni come "carogne puzzolenti", corretto poi in "maledetti assassini"), nel montaggio di alcune scene (come quella, lenta e pesata, in cui Ken spara al vecchio sul monte) e in alcune vignette mute, in cui a parlare è il disegno, per esempio l'ultima di tavola 7, in cui Ken e Bill salutano dopo la partenza, o la penultima di tavola 17, con l'espressione accigliata del sergente.


Milazzo, il cui stile è ancora agli albori, grezzo, quasi irriconoscibile rispetto al tratto che lo ha reso celebre qualche anno dopo, è tuttavia fondamentale nella narrazione della vicenda e la sua prova risulta in definitiva piuttosto efficace e convincente. Il disegnatore è già molto bravo nel rappresentare l'espressività dei personaggi, un aspetto fondamentale su cui ha lavorato in tutta la sua carriera. Oltre al già citato primo piano del sergente, si veda anche la comicità nell'espressione di Bill nella terza tavola, o la potenza rabbiosa di Ken nella quartultima.


A dare profondità e tragicità alla trama c'è anche la vicenda legata agli Cheyenne. Come nelle storie dei "fratelli maggiori" Tex e Zagor, anche qui i temi legati ai nativi hanno un occhio di riguardo, ma lo sguardo è più disincantato: non c'è un Aquila della Notte a raddrizzare i torti e a portare giustizia, e Ken non potrà far nulla per salvare la tribù di Mandan, che nel finale sarà vittima di un brutale massacro in cui, come nella realtà storica, a farne le spese sono anche donne e bambini innocenti. "Avete tanta abbondanza di carne da darla ai cani?", chiede Ken giunto al villaggio. "È marcia. Come le parole del grande padre bianco.", è la secca ma eloquente risposta di Mandan. A dare voce agli indiani saranno più avanti le parole cariche di rispetto dello stesso Ken: "Avevano due possibilità: morire di fame o in combattimento. Hanno scelto la seconda, e andranno fino in fondo."


Per quanto riguarda Ken, questi è un personaggio per gli stessi autori non ancora del tutto definito, ma in fase di costruzione, come si può facilmente intuire fin dal suo aspetto, con quella lunga barba che fece dire a Sergio "sembra mio nonno!" e che infatti fu eliminata dopo una seduta dal barbiere nel numero successivo. Degna di nota la risoluta spavalderia con cui annuncia fin da subito agli altri scout che sta cercando gli assassini del fratello che si celano tra di loro, senza preoccuparsi del pericolo a cui si sta esponendo ma deciso a farli venire allo scoperto. Nel corso dell'episodio commetterà anche l'ingenuità di farsi colpire di sorpresa ben tre volte (due persino di fila), dimostrandosi così un personaggio fallibile e non invincibile, tanto che se la sua vendetta infine riesce è anche grazie a una notevole fortuna, non solo per merito delle sue doti.
La filosofia del protagonista viene fuori in alcune secche ma incisive ed emblematiche battute, come "Bianco, rosso o giallo, l'uomo è sempre il più feroce degli animali!" e "Non mi piace uccidere...nemmeno quando è necessario."


La vicenda si rivela dura e spietata, come dimostra la crudissima scena in cui la moglie di Mandan (la stessa donna che Ken aveva curato al villaggio in una scena molto poetica) viene torturata sotto i suoi occhi. Davvero ottima la trovata di far usare a Mandan i soldi rubati per bruciare vivi i torturatori, come seguendo un terribile contrappasso. L'intero finale è costruito alla perfezione: ricco di pathos e denso di epicità, un po' come quello del film L’ultimo dei Mohicani (peraltro, benché le fattezze di Ken siano ispirate a quelle di Robert Redford in Corvo Rosso non avrai il mio scalpo!, il suo aspetto ricorda molto da vicino anche quello di Natty Bumppo descritto nel romanzo, e non a caso il soprannome di quest'ultimo, La Longue Carabine, vuol dire Lungo Fucile). Notevoli sia la scoperta del terzo assassino (attraverso un indizio che viene messo sotto gli occhi già prima e che però Ken attende fino alla fine per svelare) che l'intervento di Mandan.
E qui si arriva a quell'ultimo potentissimo dialogo che, oltre ad essere, a mio giudizio, il momento più intenso e bello dell'episodio, presenta probabilmente la chiave di lettura per interpretare l'intera storia e anche il suo titolo, ed è preceduto da una didascalia dal tocco poeticamente evocativo: "D'inverno, quando scende la notte, i monti sembrano raccogliersi su se stessi, come intirizziti dal freddo...".


Ma è l'ultima battuta di Mandan a essere meravigliosamente indimenticabile: "Ho impugnato il fucile per tutta la vita. Eppure, il mio popolo è stato distrutto, la mia sposa torturata a morte... Se mio figlio vivrà, dovrà trovare un altro modo di combattere... Addio, 'Lungo Fucile'...".


Nell'edizione riveduta, a questa battuta segue il silenzio. Nell'originale, invece, compariva l'ultimo pensiero di Ken: "Addio, amico...non c'è altro modo...non ancora...".



Storia: 9,5
Disegni: 8
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kanoxen60
Iper Zagoriano
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MessaggioInviato: Ven Apr 25, 2025 7:41 am    Oggetto: Rispondi citando

Gran bella recensione, dottor Vento Very Happy
Applause Applause Applause
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Magico Vento
Zagoriano Expert
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MessaggioInviato: Ven Apr 25, 2025 2:05 pm    Oggetto: Rispondi citando

Grazie mille! Very Happy
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