L'UOMO VENUTO DALL'ORIENTE - Recensione di GIAMPIERO BELARDINELLI
L'uomo venuto dall'Oriente , Zagor Gigante n. 485 (Zenith n. 536)
Il cuore e la spada , Zagor Gigante n. 486 (Zenith n. 537)
Il tempo della vendetta , Zagor Gigante n. 487 (Zenith n. 538)
Soggetto e sceneggiatura di Moreno Burattini
Disegni di Massimo Pesce
Copertine di Gallieno Ferri
Dicembre 2005/Febbraio 2006 - 282 tavole
Con questa vicenda si apre l'anno solare 2006: l'avventura è ricca di elementi da analizzare e quindi passo senza indugi al commento. L'approccio di Burattini alla serie è sempre più improntato a un totale rinnovamento stilistico, che verte su una struttura narrativa “non nolittiana” arricchita al contempo da continui rimandi allo Zagor degli anni Settanta, quello più amato e giustamente mitizzato. Tra l'altro, per poter meglio comprendere l'attuale periodo zagoriano, è doveroso sottolineare il lavoro svolto da Burattini come coordinatore redazionale, sia nel ruolo di puntiglioso “suggeritore” agli altri sceneggiatori sia nella capacità di “appropriarsi” - grazie a una maggiore libertà d'azione - della non facile alchimia nolittiana, composta dalla fusione di diversi elementi e piani di lettura.
Nel suo ruolo di critico e saggista, Moreno Burattini ha più volte sottolineato l'importanza di un classico come Arrivano i Samurai, esempio peculiare della filosofia e della cultura dello Spirito con la Scure, come si evince in un memorabile dialogo tra l'eroe e il principe Minamoto (cfr. Zagor, Ed. Glamour International Production, Firenze novembre 1992, pp. 36-37). Lo sceneggiatore è partito di lì per realizzare questo affresco, che non è una trita storia di vendetta ma è molto di più. È una storia sulle ragioni della vendetta e implicitamente sul confronto tra diverse concezioni della vita, che, a volte, può compiere il miracolo di purificare un uomo dai demoni e dalle ossessioni. Fin dalle prime pagine lo sceneggiatore si sofferma sul personaggio di Takeda , che, nel corso della sceneggiatura, mostra il suo spessore e il suo ergersi a figura paradigmatica della “modernità” zagoriana.
Nel dibattito aperto sul forum si è segnalato tra gli altri l'intervento del Tessitore , di cui riporto un significativo stralcio:
«Il giovane [ Takeda , N.d.A.] inizia la sua avventura, che diviene una continua e sofferta presa di coscienza.
Sin dall'inizio, felicemente, Burattini ci dipinge il giovane non come un esaltato vendicatore, ma come un samurai che ha interiormente recepito anche i termini di bun , che indica saggezza di tipo confuciano, e bu , che indica il contesto marziale. Infatti una delle doti essenziali del giovane samurai era il giusto equilibrio tra azione e riflessione. Nel preparare la sua vendetta Takeda vede la sofferenza dei suoi corregionali, l'arroganza dei profittatori e l'odio dei cattivi e sceglie di proteggere la sua donna, in un mondo lontano, dai chiusi rituali giapponesi».
Burattini dà alla vicenda una struttura tripartita: la preparazione della vendetta di Takeda ; l'amore che nasce tra quest'ultimo e la sensuale Jeng ; e infine l'intrigo sull'identità dei sabotatori al cantiere ferroviario dell'ingegner Robson .
Le prime due sono il nucleo portante dell'avventura, mentre la terza è un puro e necessario espediente “meccanico” che fa da collante narrativo.
Come accennato sopra, Burattini è andato oltre il tema della vendetta è ha realizzato una storia “filosofica” e profonda. L'incipit della vicenda è particolarmente suggestivo e mostra il percorso di Takeda , partito dal Giappone e sbarcato negli Stati Uniti a New Orleans. Questa prima fase del racconto evidenzia in maniera eccellente il distacco che i samurai (qui visti come il simbolo di un Oriente confuciano e buddista) avevano per le “cose” della vita e quindi anche della morte, vista come un passaggio per un'altra via e scevra da quelle sovrastrutture negative dell'attuale società occidentale in cui “il grande passaggio” viene completamente rimosso. Citando alcuni passi dello Hagakure, lo sceneggiatore ci presenta un Takeda in cerca dell'uomo di cui vendicarsi (il nostro Zagor ), ma proprio in questa sua ricerca c'è già in nuce l'evoluzione che lo condurrà a “rimandare” la vendetta.
“Se a metà strada ti sorprende un acquazzone, di solito cerchi un riparo per non bagnarti. È un errore. Nonostante tutto, infatti, finirai per bagnarti comunque. Se invece accetti fin dall'inizio che la pioggia ti bagni, la cosa non ti dispiacerà affatto”. Se riflettiamo su questo splendido passo dello Hagakure, ci si rende conto che la pioggia non è solo quella che, con più o meno intensità, ci cade addosso dal cielo, ma è anche qualcosa che contamina il nostro cervello, un organo che, come spiegano neurologi, filosofi o psicoterapeuti è in continua evoluzione e, se non ostacolato da rigidi preconcetti, naturalmente orientato a superare i limiti d'identità culturale. Qualsiasi essere umano che sfuggisse a questa “concezione naturale” è destinato all'infelicità o, peggio ancora, alla devianza. Quello che accade a Takeda nel corso dell'avventura è proprio questo: egli arriva in America, conosce una realtà ben diversa da quella giapponese e di conseguenza giunge in maniera naturale a cambiare il suo “scopo”.
L'amore che nasce tra il samurai e la cinese Jeng è la conseguenza del cambiamento filosofico avvenuto nell'animo del Nostro e non il contrario. Un uomo rigidamente ancorato ai suoi princìpi non avrebbe probabilmente ceduto all'amore e al desiderio erotico esercitato dall'affascinante Jeng . A conferma del cambiamento di prospettiva, nella tavola conclusiva de Il tempo della vendetta, Takeda afferma: “E non ho mai visto un orizzonte così vasto”. Questa rapida e suggestiva frase esprime con raffinata chiarezza il mutamento “concettuale” del “nuovo” Takeda , che ora si accorge dell'ampiezza del paesaggio, simbolo metaforico di un distacco profondo dall'egocentrismo filosofico e consapevolezza di un nuovo sé e della nascita di una nuova amicizia, sottintesa ma evidente, con lo Spirito con la Scure. Takeda comprende infine che Zagor non è un bieco assassino ma un uomo giusto, coraggioso e soprattutto carismatico. Già nel secondo albo, Takeda aveva manifestato l'ammirazione per l'eroe e, nel profondo del suo incoscio, aveva maturato la sua scelta finale. Nel momento in cui egli cerca di portare a termine il suo giuramento sembra manifestarsi tutta l'incertezza su quello che sta facendo: infatti combatte con abilità ma senza la fredda determinazione di chi voglia uccidere.
Come abbiamo analizzato, lo sceneggiatore ha posto al centro della storia la vicenda di Takeda senza per questo far scemare in secondo piano la figura di Zagor . Oltre a molti altri, questo è uno dei maggiori pregi della scrittura per immagini di Burattini . Zagor ancora una volta mostra la sua capacità di anticipare le mosse degli avversari: un leit motiv burattiniano che ricorda da vicino il modo di agire del Tex di Gianluigi Bonelli . Come nella migliore tradizione nolittiana, inoltre, Burattini fa emergere la personalità dell'eroe sia dal punto di vista del lettore - che ne ammira la fierezza etica - sia dall'angolazione di veduta di un amico o di un antagonista, che diventa un sorta di “secondo” lettore e allo stesso tempo colui che per primo fornisce un'analisi critica sulla “filosofia” del Nostro. Pensiamo ad esempio all'avventura Agli ordini dello zar (TuttoZagor nn. 126-128), dove il principe Alexis è favorevolmente impressionato dall'originale personalità dello Spirito con la Scure (descritto con toni epici: “C'è qualcosa di insolito, di straordinario nella sua persona, una sorta di sicurezza che lo rende simile a certi eroi o semidei delle nostre leggende…”) al punto da trovare il coraggio di abbandonare il dispotico conte Boris .
Il segno fresco e dinamico di Pesce si rivela appropriato al tipo di avventura. Se è pur vero che, qua e là, qualche vignetta appare tirata via e forse caricaturale, è altrettanto vero che l'autore romano tocca dei vertici notevoli nella caratterizzazione di Takeda e della giovane Jeng . Pesce conferma la sua predilezione per le figure femminili, che appaiono sexy e conturbanti come non mai. Negli opportuni flashback l'autore descrive alcuni momenti intimi e garbatamente erotici tra i due giovani amanti, che sono appaiono inseriti in maniera naturale nell'economia del racconto. Daniele Alfonso , nella sua recensione per il sito uBC, ha giustamente scritto: «Un motivo in più per supporre che sia i testi sia i disegni di questa storia siano stati concepiti per un pubblico adulto, piuttosto che nell' ottica del fumetto all-ages».
Nel suo ruolo di critico e saggista, Moreno Burattini ha più volte sottolineato l'importanza di un classico come Arrivano i Samurai, esempio peculiare della filosofia e della cultura dello Spirito con la Scure, come si evince in un memorabile dialogo tra l'eroe e il principe Minamoto (cfr. Zagor, Ed. Glamour International Production, Firenze novembre 1992, pp. 36-37). Lo sceneggiatore è partito di lì per realizzare questo affresco, che non è una trita storia di vendetta ma è molto di più. È una storia sulle ragioni della vendetta e implicitamente sul confronto tra diverse concezioni della vita, che, a volte, può compiere il miracolo di purificare un uomo dai demoni e dalle ossessioni. Fin dalle prime pagine lo sceneggiatore si sofferma sul personaggio di Takeda , che, nel corso della sceneggiatura, mostra il suo spessore e il suo ergersi a figura paradigmatica della “modernità” zagoriana.
Nel dibattito aperto sul forum si è segnalato tra gli altri l'intervento del Tessitore , di cui riporto un significativo stralcio:
«Il giovane [ Takeda , N.d.A.] inizia la sua avventura, che diviene una continua e sofferta presa di coscienza.
Sin dall'inizio, felicemente, Burattini ci dipinge il giovane non come un esaltato vendicatore, ma come un samurai che ha interiormente recepito anche i termini di bun , che indica saggezza di tipo confuciano, e bu , che indica il contesto marziale. Infatti una delle doti essenziali del giovane samurai era il giusto equilibrio tra azione e riflessione. Nel preparare la sua vendetta Takeda vede la sofferenza dei suoi corregionali, l'arroganza dei profittatori e l'odio dei cattivi e sceglie di proteggere la sua donna, in un mondo lontano, dai chiusi rituali giapponesi».
Burattini dà alla vicenda una struttura tripartita: la preparazione della vendetta di Takeda ; l'amore che nasce tra quest'ultimo e la sensuale Jeng ; e infine l'intrigo sull'identità dei sabotatori al cantiere ferroviario dell'ingegner Robson .
Le prime due sono il nucleo portante dell'avventura, mentre la terza è un puro e necessario espediente “meccanico” che fa da collante narrativo.
Come accennato sopra, Burattini è andato oltre il tema della vendetta è ha realizzato una storia “filosofica” e profonda. L'incipit della vicenda è particolarmente suggestivo e mostra il percorso di Takeda , partito dal Giappone e sbarcato negli Stati Uniti a New Orleans. Questa prima fase del racconto evidenzia in maniera eccellente il distacco che i samurai (qui visti come il simbolo di un Oriente confuciano e buddista) avevano per le “cose” della vita e quindi anche della morte, vista come un passaggio per un'altra via e scevra da quelle sovrastrutture negative dell'attuale società occidentale in cui “il grande passaggio” viene completamente rimosso. Citando alcuni passi dello Hagakure, lo sceneggiatore ci presenta un Takeda in cerca dell'uomo di cui vendicarsi (il nostro Zagor ), ma proprio in questa sua ricerca c'è già in nuce l'evoluzione che lo condurrà a “rimandare” la vendetta.
“Se a metà strada ti sorprende un acquazzone, di solito cerchi un riparo per non bagnarti. È un errore. Nonostante tutto, infatti, finirai per bagnarti comunque. Se invece accetti fin dall'inizio che la pioggia ti bagni, la cosa non ti dispiacerà affatto”. Se riflettiamo su questo splendido passo dello Hagakure, ci si rende conto che la pioggia non è solo quella che, con più o meno intensità, ci cade addosso dal cielo, ma è anche qualcosa che contamina il nostro cervello, un organo che, come spiegano neurologi, filosofi o psicoterapeuti è in continua evoluzione e, se non ostacolato da rigidi preconcetti, naturalmente orientato a superare i limiti d'identità culturale. Qualsiasi essere umano che sfuggisse a questa “concezione naturale” è destinato all'infelicità o, peggio ancora, alla devianza. Quello che accade a Takeda nel corso dell'avventura è proprio questo: egli arriva in America, conosce una realtà ben diversa da quella giapponese e di conseguenza giunge in maniera naturale a cambiare il suo “scopo”.
L'amore che nasce tra il samurai e la cinese Jeng è la conseguenza del cambiamento filosofico avvenuto nell'animo del Nostro e non il contrario. Un uomo rigidamente ancorato ai suoi princìpi non avrebbe probabilmente ceduto all'amore e al desiderio erotico esercitato dall'affascinante Jeng . A conferma del cambiamento di prospettiva, nella tavola conclusiva de Il tempo della vendetta, Takeda afferma: “E non ho mai visto un orizzonte così vasto”. Questa rapida e suggestiva frase esprime con raffinata chiarezza il mutamento “concettuale” del “nuovo” Takeda , che ora si accorge dell'ampiezza del paesaggio, simbolo metaforico di un distacco profondo dall'egocentrismo filosofico e consapevolezza di un nuovo sé e della nascita di una nuova amicizia, sottintesa ma evidente, con lo Spirito con la Scure. Takeda comprende infine che Zagor non è un bieco assassino ma un uomo giusto, coraggioso e soprattutto carismatico. Già nel secondo albo, Takeda aveva manifestato l'ammirazione per l'eroe e, nel profondo del suo incoscio, aveva maturato la sua scelta finale. Nel momento in cui egli cerca di portare a termine il suo giuramento sembra manifestarsi tutta l'incertezza su quello che sta facendo: infatti combatte con abilità ma senza la fredda determinazione di chi voglia uccidere.
Come abbiamo analizzato, lo sceneggiatore ha posto al centro della storia la vicenda di Takeda senza per questo far scemare in secondo piano la figura di Zagor . Oltre a molti altri, questo è uno dei maggiori pregi della scrittura per immagini di Burattini . Zagor ancora una volta mostra la sua capacità di anticipare le mosse degli avversari: un leit motiv burattiniano che ricorda da vicino il modo di agire del Tex di Gianluigi Bonelli . Come nella migliore tradizione nolittiana, inoltre, Burattini fa emergere la personalità dell'eroe sia dal punto di vista del lettore - che ne ammira la fierezza etica - sia dall'angolazione di veduta di un amico o di un antagonista, che diventa un sorta di “secondo” lettore e allo stesso tempo colui che per primo fornisce un'analisi critica sulla “filosofia” del Nostro. Pensiamo ad esempio all'avventura Agli ordini dello zar (TuttoZagor nn. 126-128), dove il principe Alexis è favorevolmente impressionato dall'originale personalità dello Spirito con la Scure (descritto con toni epici: “C'è qualcosa di insolito, di straordinario nella sua persona, una sorta di sicurezza che lo rende simile a certi eroi o semidei delle nostre leggende…”) al punto da trovare il coraggio di abbandonare il dispotico conte Boris .
Il segno fresco e dinamico di Pesce si rivela appropriato al tipo di avventura. Se è pur vero che, qua e là, qualche vignetta appare tirata via e forse caricaturale, è altrettanto vero che l'autore romano tocca dei vertici notevoli nella caratterizzazione di Takeda e della giovane Jeng . Pesce conferma la sua predilezione per le figure femminili, che appaiono sexy e conturbanti come non mai. Negli opportuni flashback l'autore descrive alcuni momenti intimi e garbatamente erotici tra i due giovani amanti, che sono appaiono inseriti in maniera naturale nell'economia del racconto. Daniele Alfonso , nella sua recensione per il sito uBC, ha giustamente scritto: «Un motivo in più per supporre che sia i testi sia i disegni di questa storia siano stati concepiti per un pubblico adulto, piuttosto che nell' ottica del fumetto all-ages».
Il Voto
*****
Legenda
* Pessimo
** Scarso
*** Sufficiente
**** Buono
***** Ottimo
****** Capolavoro